Dopo 4 anni di lavoro intenso passato tra inchiostri e chine, Hayao Miyazaki presenta alla 70esimaMostra di Venezia la sua ultima fatica: “Si alza il vento” (Kaze tachinu). Il Maestro degli anime, in Italia conosciuto per aver diretto alcune puntate di Lupin III come “il castello di Cagliostro” e per il suo masterpiece “La città incantata”, che gli valse l’oscar nel 2003, era stato premiato con il Leone d’oro alla carriera proprio a Venezia nel 2005.
“S’alza il vento” è la storia di Jiro Horikoshi, l’ingegnere che progettò il caccia giapponese Mitsubishi A6M Zero, il velivolo più veloce della seconda Guerra Mondiale, reso noto dai voli “kamikaze” su Pearl Harbor il 7 dicembre del 1941. Il re dell’animazione nipponica torna dunque a Venezia per la quarta volta: nel 2004 con Il castello errante di Howl, nel 2005 per il Leone d’oro alla carriera, nel 2008 con Ponyo sulla scogliera. “Si alza il vento”, uscito in Giappone il 20 luglio, ha già superato i 9 milioni di dollari al botteghino e si parla di record. E per la prima volta non arrivano solo complimenti per il patron dello Studio Ghibli, ma anche numerose critiche dovute a un film, quest’ultimo, definito revisionista e nostalgico.
Senza voler andare a parare nella svolta politica a destra che il Giappone ha vissuto lo scorso dicembre, il buon Miyazaki si è sempre definito un pacifista eccentrico. Basti ricordare proprio l’episodio dell’Oscar nel 2003 per La città incantata, quando il Maestro non si presentò alla premiazione argomentando che non avrebbe mai visitato un Paese mentre questo bombardava l’Iraq. Di recente, in merito alle critiche, ha risposto sulle pagine della Repubblica: “Il film è ambientato in una cupa fase militare del Giappone, ma non per questo è militarista. Le riserve, oziose, mi pare siano la reazione all’iniziativa dello Studio Ghibli che, in questi giorni di tensioni revansciste alimentate dalla destra al potere, ha pubblicato nella sua rivista gli articoli della Costituzione sugli impegni di pace presi dal Giappone a guerra finita: un eloquente promemoria indirizzato a quei capi politici privi di conoscenza della storia e di sani princìpi civili”.
John Lasseter, creatore della Pixar ha elogiato Miyazaki proprio per la sua capacità di saper adattare sul grande schermo, favole di alta qualità nel formato tradizionale, estraneo alle recenti tecniche virtuali e computerizzate. Solo carta e matita per il premio Oscar più scomodo dell’animazione internazionale. Da sempre vicino agli ambienti socialisti-marxisti, difensore assoluto del pacifismo globale, Miyazaki, classe 41’, ha da sempre un debole per le favole in cui il protagonista, ispirato dai tanti giovani personaggi tenuti fuori dalla classica dicotomia cattivo/buono, riesce a realizzare i suoi sogni partendo proprio dall’idea del sacrificio. In “si alza il vento” c’è molto più materiale autobiografico di quanto Miyazaki possa ammettere. Infatti suo padre, possedeva nella realtà, le fabbriche dove questi velivoli venivano costruiti prima di essere lanciati sul nemico in piena fase bellica.
La fissazione del volo poi, è un particolare già riscontrato nel suo lavoro meno attuale: Laputa – Castello volante, recentemente in proiezione su SkyCinema ma anche nel Castello errante di Howl, dove i protagonisti passeggiano nel cielo sopra le loro città. Nel lungometraggio animato, il giovane ingegnere Jiro Horikoshi, ha diversi colloqui con Giovan Battista Caproni, ingegnere aeronautico italiano che progettò mezzo arsenale militare in tutto il mondo e che motivò evidentemente anche il costruttore giapponese.
La storia animata, articolata su un montaggio impegnativo di ben 126 minuti, è ispirata dal racconto dello scrittore Tatsuo Hori, e tratta da un manga dello stesso Miyazaki uscito nel 2009 sulla rivista “Model Graphix Hobby”. Forse un po’ meno “favola” degli altri suoi film, ma sicuramente più scomodo di tanti altri, in un periodo in cui le iniziative pacifiste del Maestro hanno infastidito non poco il governo conservatore di Shinzo Abe. Ma Venezia ha sempre portato bene a Miyazaki, chissà che il sogno di volare di Horikoshi, alla fine lasci coi piedi per terra i giudici. Non quelli del concorso ovviamente, ma quelli che confezionano giudizi prima di guardare oltre…
@barbadilloit